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lug 15·modificato lug 15Messo Mi piace da Sudestada

Il mio incontro con Frida Kahlo risale al 1996 quando trovai su una bancarella estiva di cianfrusaglie una cartolina con una sua opera che mi colpì tantissimo, La Columna Rota. La comprai senza saperne niente e iniziai a coltivare un culto privato culminato nella grande mostra del 2014 alle Scuderie del Quirinale a Roma. Partii apposta da casa per andare a vederla, sola, 8 ore di treno a tratta perché decisi la sera per la mattina e non c'era più posto sul volo. C'erano tante persone e se ne faceva già un gran chiacchiericcio, ma eravamo ancora io e lei e quel nostro dialogo privato. Ho continuato a preservarlo, tenendolo al riparo più possibile dal discorso pop che si è costruito intorno a lei. Sono contenta di leggerne qui, con i tuoi toni e il contributo di Paola Zoppi.

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Proprio questo volevo, arrivare a quell'intimità che Frida costruisce con chi ammira la sua arte, ben lontano dal fenomeno pop che è diventata. Non credo proprio le sarebbe piaciuto, a differenza di quello che dice Beatriz Alvarado. Nel documentario di Carla Gutiérrez che cito, si vede chiaramente quanto Frida scrivesse nei suoi diari il disgusto che provava per il capitalismo e le sue logiche. Grazie per il tuo commento, sono contenta che il taglio dell'articolo ti sia piaciuto!

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lug 17Messo Mi piace da Sudestada

È davvero incredibile quanto, a volte, certi fenomeni impazziti riescano a distruggere e delegittimare il senso profondo delle cose e delle persone per farne icone pop a proprio uso e consumo.

Il fenomeno Frida Kahlo in tal senso è stato tra quelli che in assoluto, forse, ha suscitato in me un imbarazzo e una repulsione tale da farmene erroneamente allontanare.

Dunque, grazie per questo racconto. Leggerò sicuramente il libro di Paola Zoppi per provare a recuperare un nuovo sguardo e la sua vera essenza.

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La sensazione di repulsione è normale secondo me. Anzi, forse è un segno del fatto che sei una persona che va oltre l'aspetto superficiale delle cose ed è infastidita da chi non lo fa. Lo step successivo, per tutti noi (me inclusa, che ho avuto la tua stessa reazione) dovrebbe essere quello di approfondire perché si è arrivati dove siamo, e che cosa c'era prima dello "scempio" che ne abbiamo fatto. La cosa confortante è che adesso, più che in passato, abbiamo gli strumenti per farlo (la rete). Nel caso di Frida, è difficilissimo distinguere verità da invenzione fatta dalla stampa o da lei stessa. La chiave secondo me è concentrarsi sulla sua arte (senza negare che sia comunque legata alle vicende dolorose della sua vita) e lasciare da parte il gossip e la "pornografia del dolore" che da anni si fa sulla sua figura. Si sa, però, che purtroppo il dolore e l'amore travagliato vendono.

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lug 17Messo Mi piace da Sudestada

È vero, vale sempre la pena approfondire e farsi un’idea propria. In alcuni casi diventa proprio necessario.

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Ho sempre guardato a Frida da lontano, non mi ha mai appassionato, forse perché tutto era "troppo", ma quest'intervista a Paola Zoppi mi è piaciuta tantissimo, cercherò il suo libro. Grazie, bell'articolo!

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A me è successa la stessa cosa, sai? Ma il libro di Paola Zoppi mi ha fatto vedere oltre il marketing e la Fridamania e mi sono appassionata alla fine. Grazie mille per avere letto e apprezzato l'articolo, un abbraccio!!

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Da messicanista e da assiduo frequentatore di Città del Messico e Coyoacan (che oggi sì è un quartiere ma ai tempi era una città poco distante) posso solo confermare tutto quello che dici. Casa Azul, Casa Trotsky, e la Casa Estudio sono ormai luoghi di ritrovo del turismo di massa e capitalistico.

Bellissimo il documentario di Carla Gutiérrez (doppiaggio assurdo), uno dei pochi in cui si vedono scene originali di Frida, veramente apprezzatissimo. Anche il Post ha scritto un bell'articolo a riguardo recentemente (https://www.ilpost.it/2024/07/13/commercializzazione-frida-kahlo/) e poi c'è secondo me il sempre bellissimo libro di Pino Cacucci "Viva la vida", che nella sua semplicità rimane una bellissima lettera d'amore alla pittrice.

Per il resto buone vacanze e in bocca al lupo con il tuo progetto!

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Mi ero persa l'articolo del Post, sono corsa a leggerlo! Mamma mia, trovo agghiacciante questo passaggio: «Uno degli aspetti chiave del rebranding degli ultimi decenni è proprio l’abbellimento di Kahlo, in modo da creare una figura femminile normata. Vengono rimossi i peli del viso, la sua pelle viene sbiancata, il suo corpo viene trasformato in modo da nascondere proprio gli aspetti che la rendevano ribelle».

La Barbie della Mattel era proprio così. Che tristezza.

Il libro di Cacucci in effetti è molto noto, avrei dovuto citarlo, grazie per averlo fatto tu.

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