Un sinistro cenacolo letterario
Dal salotto letterario di Mariana Callejas sono passati importanti scrittori cileni. Intanto, nella sua cantina la polizia segreta di Pinochet torturava gli oppositori politici. E lei ne era complice.
Mi scuso con voi per il ritardo in cui esce questa puntata, ma spero di farmi perdonare con questa storia che ha dell’incredibile, talmente incredibile che è stata raccontata persino da due grandissimi scrittori come Roberto Bolaño e Pedro Lemebel.
È tutto vero, però.
Siamo a metà degli anni ‘70 nel quartiere aristocratico di Lo Curro, a Santiago (Cile). Nell’elegante casa di Mariana Callejas, ogni giovedì sera si teneva un salotto letterario esclusivo, in cui si discuteva di letteratura, si beveva whisky pregiato, si mangiava caviale e camembert e si ballava fino all’alba. Sembrava un’oasi di bellezza e pace in mezzo alla paura e la violenza della dittatura di Pinochet.
Partecipavano a queste serate mondane scrittori della cosiddetta Nuova Narrativa Cilena come Carlos Franz, Gonzalo Contreras e Carlos Iturra, che l’anfitriona chiamava affettuosamente “mis chiquillos” (“i miei bambini”). Il 18 settembre (festa dell’indipendenza in Cile) 1976 si tenne in quella casa una festa indimenticabile, tra gli ospiti ci fu persino il poeta Nicanor Parra, che dedicò uno dei suoi libri al figlio di Mariana. La sera stessa, nella casa di Lo Curro suonò il telefono. Una voce da Washington chiedeva della padrona di casa.
Era il marito, Michael Townley, che con un linguaggio in codice informava la moglie Mariana che “tutto procedeva col vento in poppa”. Lei riattaccò e, come da procedura, trasmise l’informazione.
Tre giorni più tardi, il 21 settembre 1976, l’auto in cui viaggiavano Orlando Letelier (ex-cancelliere del governo di Salvador Allende) e la sua segretaria Ronni Moffitt saltò per aria a Washington. Una bomba era stata piazzata nel telaio della macchina. Il piano era stato ordito proprio nella casa di Lo Curro.
Una casa così grande che poteva ospitare al terzo piano le rumorose e brillanti feste organizzate da Mariana Callejas, e al primo piano il laboratorio in cui il chimico della DINA1, Eugenio Berríos, faceva esperimenti per sviluppare il gas Sarin (oggi dichiarato dall’ONU un’arma di distruzione di massa). In quello stesso laboratorio, Michael Townley testava quel gas, inodore e incolore, su ratti e conigli. E sempre in quel laboratorio fu torturato e assassinato il diplomatico spagnolo Carmelo Soria.
In un capitolo del suo libro Di perle e cicatrici, Pedro Lemebel scrive2:
Molto frequentate e gocciolanti di whisky erano le feste nella casa snob di Lo Curro, a metà degli anni Settanta. Quando nell’aria esasperata della dittatura si sentiva la musica che usciva dalle finestre aperte, si leggevano Proust e Faulkner con devozione e un set di gay acculturati gironzolava intorno alla Callejas, la padrona di casa. Una diva scrittrice con un passato antimarxista che affondava le sue radici nell’acquitrino del partito Patria y Libertad3.
Una donna dai gesti controllati e lo sguardo metallico che, vestita di nero, affascinava per il suo temperamento marziale e la smorfia incantatrice delle sue critiche letterarie. Una signora bene, che era una promessa del racconto nella letteratura nazionale. Pubblicata persino sulla rivista di sinistra La Bicicleta. Adulata dall’élite artistica che frequentava i suoi salotti. La disinvolta classe culturale di quegli anni che non credeva alle storie di cadaveri e desaparecidos.
Piuttosto snobbava il tema recitando Eliot, discutendo sull’estetica avanguardista o scuotendo il culo scettico a ritmo degli Abba. Troppo ubriacati dalle orchidee funebri di Mariana Callejas.
Tutti preferivano non sapere nulla, non sentire gli orrori che filtravano dalla stampa estera. In quel paese così colto, con poeti e scrittori di tale calibro, non potevano succedere quelle cose. “Pura propaganda marxista per screditare il governo”, diceva Mariana Callejas.
La casa dalla facciata borghese e rispettabile, una madre e casalinga premurosa, un padre amorevole che ama i suoi cinque figli, di cui solo due sono suoi. Le feste di compleanno dei bimbi, le serate eleganti. Roberto Bolaño conobbe questa macabra storia pare grazie a Pedro Lemebel, e in Notturno cileno fa dire a María Canales, alter ego di Mariana Callejas:
A volte io stavo guardando la televisione con i bambini e la corrente saltava per un po’. Non sentivamo urla, solo l’elettricità che se ne andava di colpo e poi tornava4.
Questa storia mi ha fatto pensare al film La zona d’interesse (vincitore quest’anno dell’Oscar per il Miglior Film Internazionale). In questo film, tratto dall’omonimo romanzo di Martin Amis, il protagonista Rudolf Höss vive una vita tranquilla e borghese con la famiglia, tra marachelle dei figli e faccende domestiche quotidiane. Accanto alla loro casa, separato soltanto da un muro, c'è però il campo di concentramento di Auschwitz, di cui Rudolf è il direttore.
Nel caso di Mariana, però, le sue azioni non erano guidate da convinzioni ideologiche. Non premette il detonatore che fece esplodere la bomba nascosta nella macchina del generale Carlos Prats (ex-comandante dell’esercito di Salvador Allende) e della moglie Sofía Cuthbert a Buenos Aires nel 1974 per “la Patria”. Lo fece per il gusto dell’avventura, per necessità economica (né lei né Townley avevano finito gli studi e non avevano un’occupazione definita) visto che gli agenti della DINA ricevevano uno stipendio, e – potrà sembrare assurdo – ma lo fece soprattutto per la letteratura.
Sperava cioè di acquisire una certa influenza nei piani alti, il che le avrebbe permesso secondo lei di essere riconosciuta come una scrittrice importante.
A Mariana interessava la scrittura, di politica ci capiva poco. Si era fatta notare dallo scrittore cileno Enrique Lafourcade, che l’aveva presa sotto la sua ala e l’aveva persino portata a una cena con Borges, quando il grande scrittore argentino aveva visitato il Cile. Mariana aveva persino vinto dei premi letterari e Gonzalo Contreras di lei disse “era la più prolifica tra noi, la rispettavamo per questo”.
I suoi racconti parlavano di violenza politica come nessuno lo faceva in quel periodo, e la precisione con cui descriveva le armi, le scene di tortura e la psicologia dei guerriglieri sembrava non destare sospetti tra coloro che frequentavano le sue serate. Nel 1981, Mariana Callejas pubblicò una raccolta di racconti, La larga noche (La lunga notte), in cui un racconto in particolare si può leggere oggi (con il senno di poi) come una vera, inquietante confessione. S’intitola Un parque pequeño y alegre (Un parco piccolo e allegro), e racconta come un agente di nome Max piazza una bomba in una città degli Stati Uniti, mentre ascolta il canto degli uccellini.
Mentre Mariana autopubblicava La larga noche in Cile, però, il marito Michael Townley era estradato negli Stati Uniti e processato proprio per l’omicidio di Orlando Letelier a Washington. Mariana cadde allora in disgrazia, gli scrittori che frequentavano le sue serate si allontanarono da lei e divenne ovunque in Cile una persona non grata.
Dopo il ritorno della democrazia, Mariana Callejas è stata condannata nel 2008 a vent’anni di carcere per l’omicidio del generale Prats, ma poi la Corte Suprema ha ridotto la condanna a cinque anni di arresti domiciliari. Per lei, tuttavia, la vera condanna non è stato il carcere ma il fatto che la sua militanza nella DINA abbia troncato la sua carriera di scrittrice. Le sembrava ingiusto che tutti ignorassero la sua produzione letteraria, che gli scrittori che avevano frequentato le sue serate trionfassero mentre lei vedeva il suo nome passare dalle pagine di cultura dei giornali a quelle di cronaca.
È così triste scrivere, pensare di farlo bene e cercare di pubblicare ma che nessuno ti pubblichi. E per motivi che non hanno nulla a che fare con la letteratura. Tu sai che è ben scritto, che è meglio di tante altre cose che circolano in giro, allora cerco di non farmi il sangue amaro per questo. Ma non mi viene voglia di scrivere.5
In carcere lesse Notturno cileno di Bolaño, chiedendosi perché Bolaño la considerasse così cattiva. “Io non sono triste né penso di terminare i miei giorni triste. Quindi non aveva nessun diritto di rappresentarmi come una povera, triste e solitaria vecchia” disse. E aggiunse “Bolaño scrive bene, ma ciò che ha scritto non ha nulla a che vedere con me”.
Non si è mai pentita degli omicidi e delle torture a cui ha preso parte. Il suo unico rammarico è che la rivelazione di questi le abbia troncato la carriera letteraria. Dopo un breve periodo in carcere, ha continuato a vivere da sola nella casa di Lo Curro. Mancavano i vetri alle finestre e i conigli che si erano salvati dagli esperimenti con il gas Sarin si erano riprodotti e avevano invaso la casa.
È morta di Parkinson, sola e impune, nel 2016.
I libri bruciati: mentre facevo ricerche su Mariana Callejas e gli anni bui della dittatura, mi sono imbattuta in un’altra storia che avrebbe del tragicomico, se il contesto in cui è avvenuta non fosse così terribile.
Siamo sempre in Cile, a Santiago, il 23 settembre del 1973. Dodici giorni dopo il golpe di Pinochet e l’assalto al Palacio de La Moneda. Le telecamere di Canal 13 riprendevano uno dei primi roghi di libri, il che diventò poi una pratica normalizzata da parte della giunta militare.
Da quel momento, i cileni impauriti cominciarono a bruciare i libri delle proprie biblioteche domestiche, o a nascondere i testi che non erano allineati al regime per paura di essere arrestati e torturati.
Ciò che è, come dicevo, tragicomico, è che non venivano bruciati solo i libri di Neruda (nemico della Patria), o libri come Il Capitale di Marx o Il Manifesto del Partito Comunista di Marx ed Engels. Nei roghi finirono anche i libri che parlavano del Cubismo, il movimento artistico d'avanguardia a cui apparteneva Picasso.
E questo perché i militari pensavano che quei libri avessero a che fare con Cuba.
Quanto sono ignoranti i regimi totalitari.
🎥 Da vedere: rimaniamo sempre in Cile per il consiglio di questo mese. Si tratta di Los Colonos, primo film del regista cileno Felipe Gálvez. È uscito nel 2023 e selezionato nella rassegna Un certain regard del Festival di Cannes, dove ha vinto il premio FIPRESCI. Il film è stato anche candidato agli Oscar come miglior film internazionale. Lo trovate in streaming su MUBI.
Los Colonos è un western spietato, ambientato nel 1901 nella Terra del Fuoco. Qui un potente proprietario terriero, José Menéndez, ha ricevuto in concessione dal neonato governo cileno una quantità di terra enorme e selvaggia. Menéndez vuole liberarsi del numeroso popolo indigeno Selk’nam che vive nella “sua” terra e allora arruola tre uomini con la missione di sterminare l’intera popolazione, senza fare distinzione tra uomini, donne o bambini. Il gruppo è composto da un ex militare inglese dalla fedina penale sporca Alexander MacLennan, un rude cowboy texano e un meticcio, Segundo, mezzo bianco e mezzo indio.
Le riprese indugiano molto sullo sguardo di Segundo, personaggio totalmente impotente di fronte alla violenza dei suoi compagni di viaggio, il che lo rende inevitabilmente complice. Il regista del film ha dichiarato in un’intervista:
Gli eventi raccontati nel film non fanno parte della versione ufficiale della storia del Cile. Non sono nemmeno inclusi nel curriculum scolastico. Non avevo mai sentito parlare del genocidio del popolo Selk’nam, che le persone bianche chiamano Ona. Cosa succede a un paese quando un’intera pagina della sua storia viene cancellata?.
Credo che il tema trattato da questo film sia attualissimo, una ferita ancora aperta in tutta l’America Latina. E questo è dimostrato dalle recenti dichiarazioni fatte dalla neo eletta presidente del Messico Claudia Sheinbaum, che lo scorso settembre si è rifiutata di invitare il re Felipe di Spagna alla cerimonia per il suo insediamento a causa delle mancate scuse del Re per i crimini commessi contro le popolazioni indigene del Messico durante la conquista.
C’è chi pensa sia una manovra politica per “buttarla in caciara” e distrarre i messicani dai veri problemi (violenza, femminicidi, narcotraffico ecc.), può darsi sia così. Di certo c’è, secondo me (ma è la mia personale opinione da latinoamericana che potete condividere o no), che non si può dimenticare o passare sopra a tutto il dolore, la morte e la sofferenza che i colonizzatori hanno portato solo perché sono passati 500 anni e i colpevoli sono morti. La memoria non è morta e non deve morire. Mai.
Comunque, tornando al film, vi dico solo che il finale è da brividi. Un capolavoro.
🎧 Consiglio musicale: questo mese vi consiglio un gruppo indie rock perfetto per queste giornate un po’ malinconiche e grigie. “Fin del mundo” è un quartetto femminile nato nel 2019 a Buenos Aires, ma le musiciste provengono dalla Patagonia. E si sente.
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Rocío, alias Clavel del aire.
La DINA (Dirección de Inteligencia Nacional) era la polizia segreta di Pinochet, creata dal dittatore nel 1974 per sorvegliare, imprigionare, torturare ed eliminare chiunque fosse considerato un oppositore del regime.
Di perle e cicatrici, Pedro Lemebel, Edicola Ediciones, pag. 15. Il capitolo s’intitola “Le orchidee nere di Mariana Callejas”.
Il Fronte Nazionalista Patria e Libertà è stato un movimento cileno di estrema destra dotato di un’ala paramilitare e attivo tra il 1971 e il 1973.
Ho letto il romanzo di Bolaño in spagnolo (Nocturno de Chile, Roberto Bolaño, Alfaguara, pag. 137). La traduzione di questa citazione è mia. Tuttavia, il romanzo è stato pubblicato in italiano da Adelphi.
Queste sono parole di Mariana stessa in un’intervista. È in spagnolo ma è facilmente traducibile con Google se volete.
Che storia, mi sono bevuto ogni parola! Hai visto per caso un film che è uscito un annetto fa su Netflix e si chiama El Conde? Sicuramente sì, ma in caso contrario te lo consiglio, è una visione distopica della storia cilena in cui Pinochet è un vampiro che si rifiuta di morire, credo abbia vinto anche qualche premio.
Grazie mille per questo articolo, super interessante: non conoscevo questo personaggio, e i suoi comportamenti è le sue citazioni aprono molte riflessioni sull'animo umano.
C'è bisogno di parlare di queste cose, ieri come oggi, e forse in un paese come il Cile che non ha totalmente fatto i conti col suo passato più che mai.
E poi c'è bisogno di più film come Los Colonos (che anche io ho adorato, per quanto molto duro da digerire), perché queste storie, anche se con modalità diverse, continuano a svolgersi ai giorni nostri. Insomma, grazie per il tuo lavoro 😊